Perle Nascoste. Giorgia e Valeria.
- veronicatomassini9
- 4 feb
- Tempo di lettura: 3 min
In questi giorni rifletto su certi talenti, enormi credetemi, che devono soccombere - non so per quale regola del mondo in virtù della quale debbano cedere il passo alla mediocrità, al molto meno che riesce non so a spostare masse di imbambolati in direzione qualsiasi, dalle mete turistiche alle mode più miserabili, così senza un reale senso. Bocche straparlanti. In questo nulla esteso (sappiate che la mediocrità è democratica purtroppo), verifico genialità nascoste, talenti supremi, che non hanno la possibilità di entrare nella comunicazione più ampia, già occupata dal nulla esteso, che non trovano cittadinanza negli scaffali delle librerie, mi riferisco nello specifico a talenti letterari. Sapete, qualcosa di supremo, non riproducibile con quello stile preciso, metodo di procedere nelle immagini o nelle costruzioni di periodi tradotti in visioni. E vi faccio due esempi, Giorgia Deidda e Valeria Cartolaro, entrambe poetesse, molto giovani, sconosciute al grande pubblico, davvero quale tristissima omissione. Giorgia Deidda ha origini pugliesi, pubblica soprattutto poesia, ma di lei ho letto anche alcuni brani in prosa, e sono quelli che mi hanno colpito profondamente. Leggendola sento il suono della letteratura. La letteratura ha un suono, ed è qualcosa di precipuo, non puoi ignorarlo.

Così Giorgia scrive:
Il fogliame sembrava intirizzito dal freddo. Così il mio busto-tronco era ben saldo, un anello in più. Erano i fiori che non facevano capolino da tanto ormai. Le magnolie e i loro odori dolciastri erano spariti. Ero un ramo senza più acqua, disidratato — anche le piogge torrenziali non mi davano da bere. Era carestia per me. Vedevo gli altri alberi così ricchi e fruttuosi, e le rose tutte imbellettate, di colori dal giallo al rosso, che mi ricordavano tanto i cieli di Munch, tranne il viola. Che fossi recisa alla radice? Che la linfa non scorresse, chimicamente parlando, per qualche scompenso? Sapete come fa un albero a pregare? Tende i rami al Cielo. Così, ogni mattina, all'alba, cercavo di raggiungere con le antenne quell'abito bianco e ceruleo per chiedergli di rivestirmi. Di avere un vestito nuovo, di spargere in terra la medicina amara che avrei consumato pur di diventare un albero come tutti. Lì, dove piove. E dove il mare argenteo ha il suo nome. Sfiguravo tra tutta la maestà sordida, sfiguravo e me ne vergognavo. Eppure il mio tronco era forte, fortissimo. Più di quello degli altri. Non avevo solo chioma, un'alopecia marittima.
Così io mi sento, inanellata e piena di gonfiore sotto gli occhi, una malattia del corpo che mi costringe a letto. Un tempo avevo la bellezza, i capelli, come la chioma, erano folti e forti. Adesso li perdo. A ciocche. Sbando quando cammino, non c'è linfa che mi rinsavisca. Vado dove c'è il vento. Ma è terribile non avere identità figurata, quella che corrisponde al nostro Io. La mia preghiera non è affatto rivolta a me ma alla volontà di chi mi ha creata. Nell'ora del dolore cerco di piangere segretamente. Magari l'albero in me crescerà con la lacrima e il sale della mia pelle. Come il mare, solo interno. Forse sgorga da lì la soluzione.
Eccolo il talento, brillante e puro. Ed è soltanto un post pubblicato sui social. Capite? Con quanta generosità e perfezione Giorgia si concede, nella sua innocenza non solcata dal mestierante dell'editoria o dalla democratica normalità di molta autorialità di oggi. Poi per caso ti accorgi che Giorgia dipinge e un giorno la ascolti persino cantare, in un video artigianale realizzato nella sua camera di ragazza. Ed è ancora un colpo al cuore. Canta Henry Lee.
Ascoltatela qui: https://www.facebook.com/giorgializ.deidda/videos/772657743884020
Continuo con le perle, o con gigli bianchi che non occorre cogliere, non si deve. Ancora una poetessa. Valeria Cartolaro, vive a Modena.

Timida, discreta, fragilissima. Leggi le sue poesie e riesci a commuoverti, riesce a commuovere finanche un poeta esigentissimo come Andrea Ponso.
Valeria scrive, non ha un pubblico, eppure trova un lettore raffinatissimo in Andrea Ponso. Infine trova un editore che la pubblicherà fra qualche mese.
Scrive:
Io tendo all'ossessione
sul filo di orizzonte che osserviamo
oltre il fiume sempre uguale
immortala sul suo letto chi trascina
e di fretta, la fretta dilata i detriti
li gonfia e pregni un pegno da pagare
diventano la famiglia e gli amici
stridono e portano via in correnti
di forme sabbiose. scisse
distorti quei cieli rossi che non hanno il loro colore.
Valeria pubblicherà con una buona casa editrice. Mi sembra una specie di sentenza ragionevole, per ristabilire l'equilibro dell'universo, governato dall'armonia e dall'amore. Nuove forme di resistenza in grado di osteggiare la dittatura della banalità, della normalità che spegne ogni sussulto o guitto di una intelligenza sovrumana, che abitiamo. La nostra deità è un luogo segreto che a un certo si può condividere.

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